Madrid, Ciudad Lineal
Questa serie è stata realizzata nel distretto di Ciudad Lineal (Madrid). Camminavo per la città cercando di mettere insieme i pezzi di qualcosa che non mi tornava; anche quando avevo con me la macchina fotografica, non ero interessato a documentare architetture, persone o paesaggio urbano.
Non era un vero disinteresse: desideravo catturare altri aspetti. È naturale che, nelle visioni di città, le forme tendano a imporsi su qualsiasi altra percezione e che attraverso certe forme, camminamenti casuali, si scopra una varietà di visioni inaspettate, disposte a rivelarsi all’osservatore curioso.
La contemplazione urbana, che occasionalmente appare agli occhi del flâneur, si precisa nel contesto della cultura parigina, verso la fine del XIX secolo e trova, fra i propri eccellenti interpreti, Baudelaire, Manet, Hessel, e il Walter Benjamin dei «Passages», che fu tra i primi a teorizzare l'importanza del flâneur come interprete della contemporaneità.
Nulla di nuovo, dunque, in queste immagini o nella loro genesi; salvo, naturalmente, le immagini stesse, che si propongono più come immagine residuale che come proposta fotografica. Trascrivo, di seguito, alcune personali note per non perdere ciò che non è possibile trovare.
Il flâneur: un decalogo provvisiorio
1. Il flâneur viaggia solo; quando non viaggia cammina. Quando non cammina sta fermo.
2. È necessario spostarsi lentamente. I quartieri hanno una propria velocità e, spesso, la velocità degli edifici è proporzionale al numero di persone che vi abitano. Alcuni edifici vanno troppo veloci. Fermare la velocità degli edifici è un dovere civico.
3. La maggior parte dei mezzi di trasporto va esclusa; la minor parte andrebbe inclusa, ma non è possibile farlo perché non si sa quale sia.
4. Osservare tutto è un privilegio del flâneur. Vedere con occhi diversi ciò che fino a poco tempo prima credeva di conoscere alla perfezione può essere un privilegio o una disgrazia. Anche vedere per la prima volta se stessi allo specchio può essere un privilegio; o, senza dubbio, una disgrazia. Per calcolare quanto sia necessario camminare per vedersi allo specchio è necessario conoscere la distanza dello specchio, o di sé.
5. È bene prescindere, nelle osservazini cittadine, da quella ricerca di stranezza o di esotismo che caratterizza il turista famelico di monumenti e poco curioso di scoperte casuali, quali edifici comuni, tombini stradali, luci di periferia o altre sorprese.
6. Il rispetto delle regole anteriori, generalmente non produce alcun risultato. È possibile, tuttavia, che attraverso i giochi d’ombra dei palazzi, le carrellate orizzontali dello sguardo, le panoramiche delle ricerche povere di significato (nella sovrabbondanza dei significati entro cui si inscrivono), certe inquadrature (ben inteso: dello sguardo, non della macchina fotografica o di qualsiasi altro strumento) si affaccino alla cornice di visioni sooprendenti; che mostrino, empaticamente, l'esistenza pulsante oltre le infinite finestre; e che l’agorafobica intuizione di un ineffabile oltre travolga l'osservatore.
7. Non c'è modo di fotografare tutto questo; né c'è modo di descriverlo. È forse importante fotografare qualcosa (ma non questo); così come, per altre ragioni, risulta essenziale descrivere qualcosa (ma non questo).
8. Non è utile questionare il senso di "qualcosa". È futile cercare di comprendere cosa sia "questo".
9. Il flâneur è uno sperimentatore, un osservatore, non è un artista. La rappresentazione, infatti, anche quella mediata poieticamente, tradisce in parte la spontaneità della scoperta e fa emergere elementi statici, estranei alla casualità dell'osservazione. Giochi di luce, ombre, personaggi, atmosfere scompaiono dal caos del vivere, che è un atto estemporaneo inscritto, come momento spesso inessenziale di un percorso biografico, una epoké di pensiero sospeso, per farsi, nella necessità di essere rappresentato, volontà, principio di determinazione. La sospensione del pensiero, che è il naturale esercizio del flâneur diviene, in questo modo, sospensione artificiosa del tempo come immagine o racconto e diviene soggetta alla decadenza delle cose. L'osservazione diviene schiava dell'osservato.
10. Camminare è un atto di libertà senza tempo.